La richiesta di perdono fatta dal Papa, che arriva sette anni dopo la richiesta della CVR (Commissione di Verità e Riconciliazione) e quella del 2017, di Trudeau (a papa Francesco) di scusarsi per il modo di gestire le scuole cattoliche, avranno un peso diverso nelle comunità indigene canadesi, cattoliche e non.
Potrebbe sembrare troppo poco un perdono o richiesta di scuse solo a parole, ma in un contesto mondiale hanno un significato anche per altre popolazioni indigene.
Ad aprile, incontrando in Vaticano una delegazione di leader indigeni, il Papa si è scusato per i "deplorevoli" abusi nelle scuole residenziali e poi aveva promesso di recarsi in Canada per riaffermarle di fronte ai popoli indigeni. Così ha fatto.
Certamente le scuse del Papa hanno un significato politico. Il Papa con l'opportunità di schierarsi dalla parte dei popoli indigeni canadesi si è schierato anche con tutti gli altri nel mondo, dai Negritos delle Filippine ai Mapuche della sua Argentina.
Riconciliarsi è riconoscere quello che è stato portato via agli indigeni cioè le relazioni materiali e spirituali create e ricreate, secolo dopo secolo, quando abitavano le loro terre e foreste d'origine. È un discorso molto lungo e proiettato nel tempo dovrà reggersi continuamente su incontri pratici, non nelle aule parlamentari o in Vaticano, ma nelle terre d'origine, se si vuole raggiungere una vera riconciliazione.
Le scuse del Papa si inseriscono quindi in un movimento lento ma crescente verso il riconoscimento degli abusi passati contro i popoli indigeni di tutto il mondo. Tuttavia, si spera che anche coloro che detengono i poteri politici, economici, tecnologici e culturali si scusino, mettendo piede in terra straniera tra gli indigeni, per il modo incredibilmente dannoso con cui hanno usato i loro poteri nei loro confronti.
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